In silentio et spe

Stemmi Episcopali

Mons. Maurizio Malvestiti


Il sole è Cristo: Oriens ex alto (Lc 1,78) e Lumen gentium secondo il Concilio Ecumenico Vaticano II (Costituzione sulla Chiesa 1,1). S. Giovanni Paolo II lo presenta come Orientale lumen (cfr lettera apostolica 2.5.1995). Si evoca così il legame con l’Oriente cristiano maturato nel lungo servizio nella Curia Romana, richiamando anche la comunione con Papa Francesco, che annovera tale simbolo nel suo stemma. Dal sole trae luce la stella (ad otto punte): Maria, madre di Dio e della Chiesa, è illuminata dal suo Signore. Cristo con Maria e la Chiesa vegliano fin dalle origini sul cammino del nuovo Vescovo.
Alle origini e al successivo itinerario alludono le fasce ondulate: il paese d’origine è sulla riva del Brembo e con l’Adda forma l’Isola bergamasca, che diede i natali a San Giovanni XXIII. L’Adda giunge a Lodi: con il Po forma un’altra isola, che accoglie buona parte del territorio diocesano. L’onda del Tevere ha accompagnato, del resto, i venti anni romani. Ma in realtà è l’unda baptismi, significata dall’argento, a segnare con la grazia divina l’intera esistenza e a mantenerla nell’azzurro della sua provvida cura. Il rosso e il giallo sono i colori di Lodi e di Bergamo.
In silentio et spe”: è un riferimento ad Isaia 30,15. Il Vetus Testamentum della Nova Vulgata riporta il versetto come segue: “in silentio et in spe erit fortitudo vestra”. Sulla parete di una sala del Palazzo Apostolico tale versetto è riportato, invece, omettendo “in” davanti a “spe”. Ed è proprio in questa forma che esso è ben noto al nuovo Vescovo fin dal seminario, specie perché citato da Santa Teresa d’Avila, tanto da confluire nella regola carmelitana.
Il binomio in silentio et spe può essere reso con: “nel silenzio e per mezzo della fiducia”. La Bibbia di Gerusalemme lo traduce, però, con l’espressione seguente: “nell’abbandono confidente”: questo è l’invito che il motto episcopale vorrebbe proporre a tutti. Speranza e forza scaturiscono dal silenzio del Crocifisso e dal confidente abbandono alla volontà del Padre, se rimaniamo uniti al Figlio nello Spirito Santo.
Lo dirà nell’omelia pronunciata in Cattedrale nel giorno del suo ingresso in diocesi: “«Sono padre e pastore, ma mi sento fratello, sempre e soltanto debitore con voi della misericordia del Crocifisso».
Mons. Malvestiti vive uno straordinario patriottismo ecclesiale. Le esperienze toccate dalla sua esperienza di prete sono, tutte, invariabilmente bellissime, entusiasmanti: quelle del seminario e poi quelle, lungo gli ultimi vent’anni, alla congregazione delle Chiese Orientali, in Vaticano.
Ride sempre, anche sulle cose serie e anche su se stesso. Davvero sa prendere tutto ridendo. Le sue idee di Chiesa sono soprattutto il suo modo di viverla, perché 
le idee, in fondo, ci sono già. Questa è sicuramente una sua radicata convinzione, 
contano le relazioni più delle idee, i contatti più delle cattedre, il cuore più della 
testa. Con qualche rischio, certamente. Ma anche con qualche evidente vantaggio
 

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